Social Fare: innovazione sociale, profitto per tutti
21 luglio 2022: Unobravo, azienda nata nel 2019 a Napoli che fornisce servizi di psicologia online, chiude un round di investimento da € 17 milioni, guidato da Insight Partners, fondo statunitense tra i più attivi a livello globale, che per la prima volta investe in Italia.
16 settembre 2022: Aulab, azienda nata a Bari nel 2014 che eroga corsi di coding on line, viene acquisita da Multiversity, gruppo leader nella formazione digitale controllato al 100% dal fondo inglese CVC Capital Partners.
Cos’hanno in comune UnoBravo e Aulab, oltre al fatto di essere delle start up di successo che in pochi anni hanno fatto un enorme salto dimensionale?
Risposta: entrambe hanno fatto parte di un programma di accelerazione/investimento di SocialFare e del fondo collegato SocialFare Seed.
SocialFare Centro per l’Innovazione Sociale, fondata nel 2013 a Torino, è il primo centro italiano interamente dedicato all’innovazione sociale. Tra le sue mission, quella di accelerare imprese ad impatto sociale: attraverso le call semestrali “Foundamenta”, vengono selezionati progetti imprenditoriali con contenuti ad impatto sociale ai quali viene offerto un programma di consulenza e investimento in equity. Una sorta di Private Equity specializzato nel sociale, insomma.
A differenza del Private Equity, tuttavia, al di là della specializzazione nel sociale, va sottolineato che SocialFare è essa stessa un’impresa sociale, la cui finalità non è quella di generare profitti ma impatto, garantendo la propria sostenibilità attraverso l’autofinanziamento. Questo modello di impresa è reso possibile dall’assetto proprietario di SocialFare, che è rappresentato da tre investitori “pazienti”: la Fondazione Finde, la Compagnia di Sanpaolo e la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo.
Ed è proprio grazie alla “pazienza” dei suoi investitori che SocialFare ha sviluppato un proprio modello operativo, difficilmente replicabile nel mondo profit: i progetti sostenuti da SocialFare sono sempre start up nelle fasi estremamente iniziali della loro attività, spesso poco più di “business ideas” lontane dal momento in cui saranno in grado di generare flussi reddituali. SocialFare le aiuta a strutturare il modello di business e, se meritevoli, le sostiene con un piccolo, ma decisivo, investimento del fondo. Troppo rischioso per chi ha l’obiettivo di vedere, in tempi ragionevolmente brevi, il ritorno dei propri investimenti.
I numeri, per una struttura che può contare su una ventina di risorse (tra l’altro solo in parte dedicate all’accelerazione di impresa), sono significativi: in 7 anni di attività, oltre 1.600 candidature ricevute e 80 start up accelerate. Con un patrimonio, messo a disposizione di SocialFare Seed dalle fondazioni, di poco più di un milione e mezzo di euro, sono stati effettuati negli ultimi 5 anni investimenti in una ventina di start up: alcune di queste, tra cui le due menzionate all’inizio dell’articolo, sono già state in grado di proseguire per la propria strada, concludendo il percorso di accompagnamento con SocialFare; per altre il momento dell’autonomia è imminente.
Nel corso del 2022, inoltre, è stata avviata una collaborazione con la Cassa Depositi e Prestiti e altri soggetti investitori, che ha portato alla costituzione del fondo Personae, dedicato al settore del Welfare. Contiamo che questo ci permetta di aumentare il raggio di azione e la capacità di impatto, senza snaturare il nostro approccio mirato alle iniziative “early stage”, che sono quelle più bisognose del supporto di investitori “pazienti”.
Concludo con un’osservazione sui risultati finanziari ottenuti: in un periodo di 5 anni, il capitale del fondo si è più che raddoppiato, grazie alle exit effettuate. Una performance da fare invidia ai migliori fondi di Private Equity.
Tuttavia, lo ripeto, i nostri investitori non sono interessati alle plusvalenze generate, se non in quanto esse permettono all’ecosistema di SocialFare di autofinanziare la propria crescita e aumentare l’impatto generato.
Naturalmente stiamo parlando di una realtà piccola che, pur crescendo, resterà tale rispetto alla scala dell’economia nazionale. Tuttavia, con un po’ di presunzione, ritengo che la nostra storia possa raccontare qualcosa a chi si propone di mobilizzare grandi risorse per aiutare i giovani ad entrare nel modo professionale e imprenditoriale: pazienza e attenzione ai piccoli progetti.
Silvio Cuneo