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Quando l’innovazione sposa il sociale

di Moreno D’Angelo

Con Laura Orestano, determinato CEO di SocialFare, primo Centro per l’Innovazione Sociale nato in Italia nel 2013, facciamo il punto sui programmi di accelerazione di start up a impatto sociale, con uno sguardo ai cambiamenti nel welfare e non solo.

Una breve descrizione delle vostre attività e del concetto di innovazione sociale oggi…

La mission di SocialFare è quella di sviluppare soluzioni innovative alle più pressanti sfide sociali contemporanee, generando nuova economia. Questo attraverso l’accelerazione di conoscenza e di imprenditorialità ad impatto sociale. Per innovazione sociale intendiamo lo sviluppo di nuovi prodotti, servizi e modelli che possano rappresentare soluzioni per le sfide sociali, abilitando le capacità dell’individuo e delle comunità. Questo significa soluzioni e politiche dal basso di sviluppo, che possano ricorrere a strumenti e linguaggi contemporanei quali la tecnologia, la finanza sociale e l’internazionalità.

Quali sono le start up e le iniziative più significative che seguite?

In questi ultimi anni abbiamo accelerato, nel nostro programma Foundamenta 35 diverse start up. Riceviamo application da tutta Europa, le selezioniamo e acceleriamo con un lavoro dedicato e costante con l’obiettivo di renderle VC-ready ovvero pronte a ricevere investimenti per la scalabilità. Tra quelle più significative ricordo: Epicura, Contratti Pubblici, reBox, Italia No Profit, Shike,  l’Alveare che dice Sì, SoLunch, Apical e altre, ora in selezione, davvero di alta qualità.

Quali sono le specificità e i risultati registrati in un settore così ampio?

Le specificità differenzianti riguardano l’impatto sociale: sempre più le start up da noi selezionate portano a valore e sviluppano metriche di impatto sociale come parte fondamentale del proprio posizionamento e della rilevanza del proprio business. Non è aria fritta ma risultati reali di miglioramento della qualità della vita, di problematiche e di esigenze che emergono dalla società nelle sue molteplici e diverse sfaccettature. Risultati che sono in crescita perché la domanda sta crescendo. E’ sufficiente? Ancora no ma il tracciato sta divenendo strada battuta…

Come si sposa il concetto di innovazione e di tecnologia a iniziative di welfare e solidarietà?

La tecnologia e il digitale sono parte del dna contemporaneo, dell’innovazione e anche delle soluzioni innovative che dovranno essere sviluppate per il welfare. Non dico che saranno technology-intensive ma certamente dovranno attingere alla tecnologia in modo sempre, spero, più evoluto.

Oltre ai supporti logistici date molta importanza alla formazione…

La formazione è un aspetto chiave: non riusciremo ad avere impresa di qualità senza formazione di qualità, ibrida, aperta, contemporanea, di sfida, anche informale e tuttavia in continua evoluzione. Alcune nostre iniziative sperimentali, quali Design Your Impact, hanno avuto un grande successo e a breve replicheremo.

Quali difficoltà incontrate nello sviluppare questo settore collocato come un ponte tra pubblico e privato?

I principali problemi sono di interazione tra due mondi che parlano linguaggi diversi: l’approccio sperimentale della social innovation spinge il confine oltre le prassi consolidate e invita a co-progettare, a modificare regole e  policy, sempre sulla base delle evidenze e dei risultati ottenuti.

Come si finanziano le iniziative e come vengono “accompagnate” e per quanto tempo?

Le iniziative seguono un flusso di finanza che è dinamico e legato alla curva della crescita. Oggi le start up hanno bisogno di un seed investment più strutturato e con importi maggiori a quelli finora resi disponibili.

Quali sono i risultati più significativi raggiunti?

Le 35 start up accelerate, (solo due morte), le centinaia di application ricevute, i corsi partecipati da decine di persone, le ricerche internazionali eseguite per clienti importanti, le esperienze di alternanza scuola-lavoro, i 100 posti di lavoro creati in due anni, l’attrattività generata verso Torino, le collaborazioni con gli altri stakeholder nazionali ed internazionali.

Come si colloca Torino in questo comparto a livello sia nazionale che europeo?

Torino ha una chance unica: grande tradizione e knowhow nel sociale e nella tecnologia. Il suo posizionamento è già buono ma serve un grande piano di boost che miri allo stesso obiettivo nella molteplicità, diversità e complementarietà dei soggetti presenti e futuri.

Chi investe in questo settore?

Investono fondi impact, business angels visionari, venture philanthropy e anche, ultimamente, impact investors che sempre di più comprendono che investire in start up a impatto sociale significa partecipare alla costruzione delle nuove PMI del futuro, rilevanti per la società, evolute nella loro offerta, etiche e sostenibili nel loro Dna.

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