AI divide: l’intelligenza artificiale non è equa come pensi…
L’intelligenza artificiale ha aperto nuove frontiere nel mondo della tecnologia e dell’innovazione. Tuttavia, insieme alle promesse di progresso e miglioramento della qualità della vita, l’IA porta con sé anche il rischio di creare o accentuare il divario digitali. La tecnica è andata oltre ciò che prima si poteva solo immaginare.
Il concetto di “AI divide” può essere suddiviso in tre fasi principali. La prima fase in cui l’IA potrebbe accentuare il divario digitale riguarda l’accesso alla tecnologia e alle risorse necessarie per sviluppare e utilizzare l’IA stessa. Questo comprende l’accesso a dati di alta qualità, infrastrutture informatiche avanzate, software specializzati e competenze tecniche. Le risorse necessarie per lo sviluppo di sistemi di IA avanzati sono concentrate in poche mani. Mentre i Paesi avanzati possono raggiungere enormi quantità di dati e di risorse finanziarie per sostenere progetti di IA, molte comunità e regioni più povere sono prive di tali strumenti. Questo porta a un divario crescente tra coloro che possono beneficiare dell’IA e coloro che ne sono esclusi.
La seconda fase dell’AI divide si inserisce nell’ambito di competenze, capacità e conoscenze necessarie per sfruttare appieno le potenzialità dell’IA. Questo include competenze tecniche come la programmazione, l’analisi dei dati, l’apprendimento automatico e l’intelligenza artificiale stessa. Le persone che non hanno accesso all’istruzione o alla formazione tecnologica potrebbero trovarsi svantaggiate in un mondo sempre più guidato dall’IA. Ciò potrebbe creare una disparità di opportunità lavorative e contribuire a una maggiore disuguaglianza economica e sociale. Mentre chi possiede competenze digitali avanzate è in grado di adattarsi ai cambiamenti tecnologici e di trovare nuove opportunità lavorative, chi ha una limitata preparazione sul digitale rischia di andare incontro alla “disoccupazione tecnologica”.
La terza fase riguarda l’effetto dell’IA su economia, società e disuguaglianze. Le comunità e le regioni che sono in grado di sfruttare appieno le potenzialità dell’IA possono beneficiare di maggiori opportunità economiche, migliori servizi pubblici e una maggiore qualità della vita. Tuttavia, quelle che sono escluse dall’IA rischiano di rimanere indietro, con un aumento della disoccupazione, una diminuzione della competitività economica e una maggiore disuguaglianza sociale. L’IA rischia di allargare le disuguaglianze già esistenti anche a livello decisionale. Quando i sistemi di IA vengono utilizzati nei processi decisionali, è alta la possibilità di perpetuare discriminazioni preesistenti o di creare nuove forme di disparità. Questo accade a causa degli algoritmi che spesso incorporano gli “AI bias”, ossia pregiudizi o politiche basate su risultati che favoriscono determinati gruppi a discapito di altri. Questi bias rappresentano pertanto una delle principali preoccupazioni etiche e pratiche legate all’adozione e alla diffusione di tecnologie basate sull’IA. Di conseguenza, accanto a coloro che vedono nell’IA un’opportunità di crescita economica, c’è chi teme un suo impatto negativo nell’occupazione e nella disuguaglianza sociale.
Il divario digitale legato all’IA rappresenta oggi una delle sfide più urgenti e complesse. Affrontare il digital divide richiede un impegno globale: serve garantire un accesso equo alla tecnologia, sviluppare politiche che regolamentino l’uso etico dell’IA e investire nell’istruzione e nella formazione dei lavoratori. Solo attraverso un approccio inclusivo e collaborativo si può pensare di massimizzare i benefici dell’IA e di ridurre al minimo questo divario.
Gaia Bertotti