FOOD IT UP!
di Moreno D’Angelo
Il food e le sue eccellenze rappresentano sempre più un punto di riferimento per quello che caratterizza il nuovo volto del commercio e del turismo, in sinergia con proposte formative, culturali e artistiche.
Un discorso non facile da inquadrare poiché si vanno imponendo, in modo quanto mai rapido, una nuova tipologia di soggetti che sposano diverse espressioni del fare commercio, impresa, accoglienza, servizi, cultura in modo decisamente nuovo.
Nuovi concept emergenti le cui parole chiave sono innovazione, coworking, sostenibilità, qualità dei prodotti e nuove forme di socializzazione in un contesto architettonico della location che esprime, in ogni dettaglio, originalità, aggressività, armonia e soprattutto funzionalità. Un mix rivolto tanto alla che compagnia di ragazzi che si ritrova con una birra e un tagliere quanto a chi invece vuole gustare le espressioni più originali di una cucina curata da autorevoli chef. Un discorso che parla più lingue, che guarda al popolo della notte e ma anche a studenti, turisti, famiglie dalla colazione del mattino con un ottimo caffè al brunch fino al mojito.
Il tutto in un contesto friendly, aperto al quartiere e alle espressioni artistico culturali. In questo ambito c’è grande attenzione al discorso enogastronomico, bandiera dell’eccellenza italiana. Un fattore che viene esaltato, anche nella cultura del bere, attraverso nuove formule che mixano tradizione e originalità che vedono all’opera ottimi barman.
Insomma realtà che diventano poli di aggregazione e di iniziative in un contesto dove è possibile affittare una cucina o un birrificio, o come nelle nuove proposte di catene alberghiere a prezzi economici che diventano dei veri e propri centri per eventi artistico culturali. Un fenomeno che fa parte dei cambiamenti che stanno mutando il volto delle espressioni commerciali e dei servizi presenti. Un discorso sempre più aperto in modo elastico a forme di collaborazione e ospitalità nell’ambito della sharing economy, dimostrando come occorra andare oltre il “lamentificio” per gli indubbi drammatici numeri della crisi del commercio sposando in modo nuovo quello che oggi incontra l’immediato riscontro nel pubblico. In questa ottica si possono riscontrare delle chiavi di lettura positive per nuove formule in grado di esaltare tutte le espressioni della nostra tradizione artigianale, culinaria, artistica, culturale e innovativa (si pensi a quello che quotidianamente esprimono tanti giovani ricercatori del Politecnico e degli incubatori presenti a Torino). Inutile concludere che l’imporsi di questi nuovi modelli, si pensi al successo delle Officine Grandi Riparazioni, rappresentano un biglietto da visita di primordine per la Torino che punta sempre più sul turismo.
Ecco due casi significativi in tal senso. Due sfide coraggiose e ben programmate portate avanti in zone non certo facili di Torino come Porta Palazzo e ai confini tra Barriera di Milano e Aurora. Due modelli che possono dire molto sul dare gambe ai tanto decantati discorsi di riqualificazione di periferie e zone depresse guardando al meglio delle energie presenti nel sociale senza aspettare interventi meramente assistenziali.