Torino laboratorio di turismo?
di Adriana Mele
In un periodo storico molto delicato come quello attuale, in cui le regole del mercato sono profondamente cambiate rispetto al passato, risulta opportuno investire e diversificare le forme di economia per riuscire a creare nuove occupazioni e nuove fonti di reddito. “Innovare per fare” risulta essere uno slogan per descrivere i cambiamenti in corso nell’attuale modus operandi degli imprenditori e delle istituzioni.
Non si può negare quindi che questo sia anche un carattere distintivo delle startup, che risultano essere più confacenti all’attuale sistema, è che sono di natura “scalabile”, aspetto che troppo spesso non compare nelle attività tradizionali. Proprio per questo bisogno di “innovare per fare” richiesto in tutti i mercati, si sta spingendo verso un modello digitale di fare economia e a questo non si sottrae nemmeno il turismo.
Il nostro Bel Paese gode di suo di numerose città dal forte richiamo turistico, ma ad oggi questo non basta per far crescere il settore e la ricchezza delle città, pertanto investire nelle infrastrutture, nei servizi delle città e accrescere l’accessibilità è fondamentale per avere delle città aperte e “smart”.
Comune di Torino e Regione Piemonte hanno stanziato importanti fondi per incentivare lo sviluppo di realtà digitali che possano apportare miglioramenti alla città e alla regione tutta.
Polo di ricerca per il raggiungimento di questi obiettivi è l’incubatore all’interno del Politecnico, i3P, di Torino, che nasce proprio per aiutare e supportare l’avvio delle start up rendendole in un secondo momento autonome e in grado di autogestirsi una volta lasciato l’incubatore.
Nel 2017 la Regione Piemonte, per incentivare lo sviluppo di queste nuove forme di economia, ha stanziato 1 milione e 400 mila euro provenienti dal Fondo sociale europeo. Spiega l’assessora al Lavoro della Regione Piemonte Gianna Pentenero: «Le istituzioni stanno puntando molto sulle start up e sugli incubatori al fine di stimolare l’attitudine imprenditoriale dei ricercatori e di tutti coloro che propongono un progetto innovativo. Favorendo al tempo stesso la creazione di una occupazione. Puntiamo, in particolare, ai settori ad alta intensità di ricerca e conoscenza, connotati da un elevato contenuto tecnologico e di conoscenza che favoriscano i comparti manifatturiero, digitale, della cultura e del turismo».
Questa affermazione risulta essere molto confortante per l’economia torinese e piemontese, perché fa aspirare ad una città in grado di competere su scala internazionale, in quanto si offrono nuovi strumenti di ricchezza e di attrazione.
Lo stesso Comune di Torino, come ci spiega l’assessora all’Innovazione Paola Pisano, sta investendo molte risorse per una Torino in grado di ospitare in modo adeguato i suoi turisti.
Dottoressa Pisano quanto la città di Torino si sta evolvendo verso un uso “digitale” dei suoi servizi?
Stiamo lavorando molto per includere nel processo di digitalizzazione dei servizi per i cittadini, tutti quei comparti amministrativi e di informazione che possano agevolare la stessa vita del cittadino o del turista. Infatti abbiamo puntato per una fibra ultra larga con connessione rapida in ogni luogo, per questo progetto verranno investiti cinque milioni di euro; mentre altri sette milioni di euro per la digitalizzazione come accennato prima.
Digitalizzare Torino, o comunque investire in strumenti innovativi pensa che possa essere anche fattore di richiamo per un turismo di portata maggiore?
Ovviamente sì, perché la renderebbe competitiva al pari di città internazionali che ad oggi sono molto più avanti di noi. Da un’app per la mappa della città, acquistare i biglietti per il bus direttamente dal telefono o reperire informazioni utili e necessarie per visitare la nostra città in modo più veloce e facile, renderebbe la permanenza molto più piacevole. Non da meno una collaborazione con alberghi, ristoranti e o i musei stessi, tutto in funzione di una città più smart. In aggiunta, è anche bene capire che tipo di turismo si vuole, o meglio perché non presentarci a diverse tipologie dello stesso. Non solo visitatori, ma anche ricercatori che potranno vedere in Torino una città laboratorio che crea, idealizza, agisce, sviluppa.
Quanto è importante l’approccio del cittadino a questo nuovo modo di guardare e di vivere la città?
Direi che è fondamentale, soprattutto perché in alcuni casi si tratta proprio di educare alle nuove tecnologie.
Basare una città con il suo passato industriale su una, diciamo, “nuova” forma di economia, come il turismo è rischioso?
Non è rischioso fino a quando non si differenziano gli investimenti. L’economia della città è cambiata, ormai da molti anni, è per renderla una città dal richiamo internazionale, e da incuriosire al punto da farla visitare è opportuno creare delle realtà che vadano in questa direzione, come delle start up dedicate. Ad esempio noi collaboriamo con l’incubatore del Politecnico e con altre realtà come SocialFare, proprio per creare delle start up ad impatto sociale. Ma le start up, non devono e non possono vivere da sole per la sopravvivenza di una città, queste sono solo una parte sì importante dell’economia, ma non esclusive. C’è bisogno delle multinazionale, delle piccole medie imprese, dei lavoratori singoli e tutte queste unità insieme creano ricchezza, che ovviamente deve essere orientata in base ai cambiamenti del mercato.
Come vede Torino nei prossimi cinque anni?
Una città aperta in cui sperimentare e innovare possano essere parole standardizzate. Mi piace pensare ad una città dove il possesso di auto di proprietà sia via via di numero esiguo, a favore così del carsharing e o della mobilità dolce, o dei mezzi pubblici. Sarebbe molto bello.
Al momento Torino come si presenta?
Ancora malata da un vecchio sistema, ma ricca di potenziale e di voglia per guarire.