Credito d’imposta, formazione 4.0: luci ed ombre
di Roberto Nicoletti
Con la legge di bilancio 2018 (legge 205/2017), come già anticipato nei numeri scorsi, è stata istituita, per l’anno 2018, una agevolazione per le imprese che investiranno in formazione all’interno del piano “Industria 4.0”. Una agevolazione che può essere utile per molte start up industriali, anche se probabilmente solo se già avviate nella fase “produttiva”.
L’agevolazione consiste in un credito d’imposta del 40% sul costo del personale calcolato per il tempo in cui lo stesso è impiegato in attività formative tese a sviluppare o consolidare competenze all’interno delle tecnologie previste dal Piano Nazionale Industria 4.0 quali, ad esempio, cyber security, big data e analisi dati, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo-macchina ed altri settori ad alta innovazione tecnologica; tali attività devono essere applicate negli ambiti elencati dall’allegato A della legge di Bilancio 2018 cui si rimanda. Non si considerano agevolabili le attività di formazione organizzate obbligatoriamente dall’impresa per conformarsi a norme di legge, ad esempio in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e protezione dell’ambiente.
Il costo del personale sostenuto, e quindi il credito d’imposta spettante, dovranno essere certificati dall’organo di revisione se esistente, ovvero, in mancanza, da un professionista incaricato dalla revisione legale. Le spese sostenute dalle imprese per l’attività di certificazione potranno essere ammissibili anch’esse a beneficio nel massimale di 5.000 euro.
Fin qui la norma. Alla data di redazione di questo articolo siamo in attesa del decreto attuativo che detti le disposizioni applicative di dettaglio, ma sulla base delle prime bozze circolanti, qualche considerazione può essere fatta.
Partiamo dalle note positive: la formazione con norma di legge viene riconosciuta centrale nello sviluppo delle imprese e per il miglioramento della competitività aziendale. Ovviamente il primo limite di questa norma è il finanziamento della sola formazione “Industria 4.0”, ma tale scelta risulta coerente con la volontà politica e strategica di puntare su innovazione e tecnologia quale veicolo per poter dare un futuro alle nostre imprese e ai nostri lavoratori. Altro aspetto positivo è la modalità di utilizzo dell’agevolazione: salvo complicazioni che potranno derivare dal decreto attuativo, la norma è sufficientemente chiara e permette di autocertificare la misura della detrazione potendo godere già dall’esercizio successivo a quello in corso del risparmio fiscale. Ma il credito d’imposta potrà essere utilizzato unicamente in compensazione, penalizzando in tal modo soprattutto le imprese di nuova costituzione, quali le start up innovative, che possono non avere debiti di imposta consistenti e pertanto potranno recuperare tale agevolazione in un periodo più lungo.
La norma di legge non fa cenno al caso di formatori interni all’azienda e pertanto dipendenti di quest’ultima. Dal tenore letterale del testo di legge e dalle prime notizie che filtrano dal MISE, si potrebbe desumere che anche il costo di docenti e di eventuali tutor interni all’azienda possa essere agevolabile e costituire base per il calcolo del credito d’imposta. La conferma di questa interpretazione comporterebbe un vantaggio per le imprese di maggiori dimensioni che posseggono un centro formazione interno, rispetto a quelle di minori dimensioni che devono affidarsi a strutture formative e docenti esterni.
Ulteriore fatto considerevole di annotazione è la possibilità di integrare questa agevolazione con i contributi alla formazione accessibili attraverso i fondi interprofessionali o le regioni. Le risorse provenienti da questi enti potrebbero infatti concorrere a coprire gli altri costi necessari ad una corretta ed efficace somministrazione delle attività formative: progettazione, docenti esterni, attrezzature, etc.. portando in molti casi a coprire interamente i costi per la formazione.
Si pone da subito un quesito relativo alla gestione degli aiuti di stato per l’azienda beneficiaria e la gestione del cofinanziamento a carico dell’azienda che normalmente viene soddisfatto con il costo del personale in formazione.
In attesa di indicazioni che si spera possano essere contenute nel decreto attuativo possiamo presumere sin d’ora che la quota di costo del personale in formazione, da poter valorizzare a titolo di cofinanziamento nei piani finanziati dai fondi interprofessionali, possa essere costituita dall’intero costo del personale al netto del contributo calcolato a titolo di credito d’imposta ai sensi della norma in commento.
È la condizione di accesso ai benefici a destare qualche perplessità in più: per poter usufruire dell’intervento agevolativo è necessario che gli interventi formativi vengano condivisi e definiti attraverso contratti collettivi territoriali o aziendali. Questa previsione da una parte tutela l’interesse generale ma dall’altra potrebbe costituire una fonte di rigidità soprattutto se l’agevolazione dalla legge 205/2017 potrebbe cumularsi con interventi finanziati dei fondi interprofessionali. Ricordiamo, infatti, che per l’azienda vi è libertà di scelta del fondo professionale cui aderire e che non tutti i fondi sono istituiti e governati dalle stesse sigle sindacali. Ricordiamo anche che i piani formativi per essere ammessi a finanziamento, su strumenti proposti d un fondo interprofessionale, devono essere condivisi dalle parti sociali costituenti il fondo stesso.
Il lettore potrà comprendere che, se i sindacati presenti in azienda e che devono condividere l’intervento agevolabile ai sensi della 205/2017 sono differenti dai sindacati costituenti il fondo interprofessionale cui l’azienda aderisce, questo fatto potrebbe comportare qualche difficoltà nello stabilire linee di interventi formativi condivisibili da single sindacali concorrenti tra loro e nel massimizzare i benefici della norma agevolativa con le opportunità fornite dai fondi interprofessionali.